Nel rione di San Giovanni, presso la Rotonda del Boschetto, si trovava un esemplare di platano che, vista la sua grandezza e longevità, era divenuto il simbolo della zona. Con la sua maestosità riempiva gran parte dell’aiuola spartitraffico sottostante la quale, in tempi abbastanza recenti, era stata riprogettata e rifatta dagli operatori del Verde Pubblico del Comune di Trieste. Tale rifacimento era stato eseguito proprio con l’intento di dare risalto all’esemplare secolare. Il platano, posto su di un rialzo di un metro circa e circondato da un muretto in pietra, dominava nella sua maestosità la piazzetta sottostante. Chi passava di lì non poteva che ammirarlo in tutta la sua bellezza.
Negli ultimi anni, purtroppo, nonostante le cure fornitegli, l’esemplare incominciava a dare segni di sofferenza, manifestando del seccume in gran parte della sua chioma.
Per cercare di stimolare la pianta, si era intervenuti con delle potature, ma l’albero, invece di reagire, peggiorava sempre più, divenendo anche pericoloso per l’incolumità delle persone.
A seguito dei controlli effettuati col il sistema VTA (Visual Tree Assessment), l’albero era stato posto in classe D (le classi sono: A,B,C,D. Indicano lo stato di salute delle piante) e quindi prossimo all’abbattimento.
Per sopperire a tale perdita si stava valutando come e con che cosa sostituire l’esemplare e, allo stesso tempo, si cercava di dare una risposta alle numerose segnalazioni che molti cittadini, preoccupati per le sorti di quel platano, stavano inviando alla circoscrizione.
Mentre si valutavano varie soluzioni al problema, era emersa l’idea di sfruttare il tronco dell’albero per ricavarne una scultura, in modo da non dimenticare quella pianta apprezzata da più generazioni.
Poichè il sito aveva ospitato l’ultimo banchetto di quella che era un’attivita storica a Trieste, la vendita dei “Mussoli de scoio”, il tema per forza di cose doveva simboleggiare questa antica tradizione triestina.
Scelto il tema, che doveva rappresentare il mitile in questione, restava da trovare chi sapesse lavorare il legno e fosse in grado di dare vita a tale scultura.
Dopo alcune ricerche, era emerso il nome Coral Edoardo, scultore triestino molto apprezzato e conosciuto nel settore e, coincidenza vuole, nato e cresciuto nel rione di San Giovanni. Da ragazzo, infatti, aveva frequentato la scuola media statale M. Codermatz, la quale si affaccia proprio sulla Rotonda del Boschetto, e dalla quale si poteva ben vedere quell’esemplare di platano.
All’inizio della proposta fattagli dalla circoscrizione, vista la consistenza del legno del platano che non si presta molto a lavorazioni di questo genere, Coral aveva pensato di rifiutare. Solo l’affetto che lo lega a Trieste, e a qulla zona della città in particolare, lo avevano fatto desistere, e accettare una sfida che sapeva non sarebbe stata priva di difficoltà.
Le complicazioni Infatti non sono tardate ad arrivare: la pianta, essendo molto acquosa, tendeva continuamente ad espellere del liquido, e il suo legno, particolarmente duro e coriaceo, lo ostacolava nell’imprimergli la forma desiderata. Inoltre, dando al ceppo la sagoma iniziale, aveva dovuto cambiare più di una catena alla motosega che si rompevano a causa dei numerosi chiodi trovati conficcati nel fusto.
Un altro impedimento allo svolgimento della sua opera sono state le spiegazioni che l’artista ha dovuto fornire a passanti preoccupati e incuruositi per le sorti di quella pianta.
Comunque Coral sottolinea con piacere che, nonostante le perdite di concentrazione dovute alle interruzioni, le persone con cui ha dialogato, dopo un approccio “ostico”, forse dovuto ad una insufficiente informazione, si sentivano sollevate dalle spiegazioni fornite loro in merito all’abbattimento della pianta e all’opera artistica che si stava realizzando. Al contrario, alcuni cittadini ritornavano esponendogli foto antiche del sito e della “Mussolera” con l’intento di collaborare alla scultura. L’entusiasmo dimostrato infine dai cittadini lo ha stimolato e incoraggiato ancora di più nell’esecuzione del suo lavoro.
Chiaramente non sono mancati i commenti “bizzarri” e di seguito ne riporto uno:
“…ma cosa ghe vol tute ste setimane per tirar zo un albero….!!!???”
Siamo a Trieste e anche questo fa parte del folclore della città.
Gabriele Germani
CHI È CORAL EDOARDO
Nato a Trieste il 05 dicembre 1964diplomatosi al Conservatorio Giuseppe Tartini di Trieste, dopo varie esperienze musicali e pittoriche ha intrapreso l’attività scultoreaperchè da bambino era fortemente attrato dal legno, una passione trasmessadal padre che adorava lavorare il legno.
Nel 2000 conosce Ermanno Plozzer, artigiano di Sauris che lo inizia “all’arte dell’intaglio”.
DICE DI SE
Mi piace scolpire all’aperto, sentire sulla pelle le stagioni – caldo, freddo -Quando intaglio perdo la dimensione del tempo e le ore diventano minuti.
Ogni scultura è un’avventura, faticosa, dove talvolta arrivo sfinito come in cima ad una vetta.
Durante il percorso il mio sudore e la linfa, la resina si mescolano e man mano che procedo divento tutt’uno con la scultura.
Inizio con forza a colpire il tronco che ho davanti, bisogna imporsi fin dall’inizio per far uscire ciò che si “vede” dentro e dopo ore, giorni, si arriva all’ultima fase (finitura) dove si accarezza la scultura con dolcezza, quasi a ringraziarla.
Ormai si è instaurato un rapporto intimo, una comunione fraterna.“Dio ci fa dei doni, lasciamo che questi diano frutto….”
Coral E.
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